Il Paradiso esiste e io ci sono stato: un neurochirurgo di Harvard che finora aveva negato l'esistenza dell'aldilà ha riconsiderato la possibilità di una vita dopo la morte dopo sette giorni passati in coma profondo. «Nuvole bianco rosa contro un cielo azzurro, creature scintillanti che lasciavano dietro di sè scie luminose: uccelli? angeli?» avrebbero accolto nell'altro mondo Eben Alexander III, lo scienziato, che ne ha raccontato in un libro, «Proof of Heaven» (Prova del paradiso) in uscita il 23 ottobre negli Usa e di cui estratti sono stati anticipati dal settimanale Newsweek.
«Erano forme molto avanzate, forme più alte di tutto quello che conosco sulla terra», ha scritto il neurochirurgo raccontando di un canto «che veniva da sopra» e «mi chiedevo se fossero le creature alate a produrlo». Era «palpabile, quasi materiale, come una pioggia che senti sulla pelle ma che non ti bagna». Arriva una giovane donna «dalle trecce bionde e gli occhi blu» circondata da «milioni di farfalle» come «un fiume di vita che si muoveva per l'aria».
La donna parla allo scienziato: «Sei amato e apprezzato, per sempre. Non hai nulla da temere. Non c'è nulla in cui puoi sbagliare». Alexander sostiene che durante il coma, provocato da una rarissima forma di meningite batterica, la parte del suo cervello che controlla le emozioni si era «spenta» e gli aveva permesso di provare «qualcosa di così profondo che mi ha dato una ragione scientifica per credere in una forma di coscienza dopo la morte».
Pur considerandosi cristiano, Alexander non aveva mai preso sul serio i racconti di esperienze «vicine alla morte» di altri malati usciti dal coma. «Da scienziato non ci avevo mai creduto». Diverso è stato quando queste esperienze gli sono capitate in prima persona: «Capisco che possa essere incredibile. Se qualcuno, ai vecchi tempi me l'avesse raccontato, se anche fosse stato un medico, gli avrei dato del matto». Per Alexander tuttavia le visioni nei giorni del coma sono state assolutamente reali: «Concrete come qualsiasi altri evento della mia vita, come il mio matrimonio o la nascita dei miei due figli».
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