Era un uomo alto, con folti
capelli rossi, occhi verdi, barba rada e corta ed una piccola cicatrice sulla
guancia destra . Portava un’ampia giacca a frange finemente decorata con
amuleti indiani ed aveva una frusta il cui rumore intimidiva i lupi, (visto che spesso la usava per
ucciderli). Cavalcava un bianco destriero arabo di nome Thunder e aveva inoltre una sgargiante collana
indiana, ovunque passasse incideva col coltello una A,
iniziale di anarchia. Era un
bastardo, uno dei peggiori che potessero circolare a quei tempi nelle pianure
dell’ ovest. Era nato 35 anni prima in un piccolo villaggio di coloni, di quei
coloni che per trovare una vita migliore migravano all’ovest, sfidando le
insidie di una terra sconosciuta e la furia degli indigeni. Suo padre era stato
un agricoltore ed era morto prima che lui nascesse. La madre era stata una
donna di stampo puritano dura e severa,
ed era morta quando il figlioletto aveva 5 anni. Il bambino era stato
affidato ad un fattore che pretendeva di farlo sgobbare come un asino senza
dargli da mangiare e in più lo picchiava con forza. Ma il peggio doveva ancora
arrivare, e difatti di li a poco in una fredda notte d’ inverno vennero gli
indiani quelli che la gente chiamava Sioux,
anche se loro si denominavano Dakota. Costoro
devastarono il villaggio, uccisero parecchi uomini e rapirono alcune donne e
bambini, fra i quali lui. Il trattamento che gli aveva riservato il fattore
sembrava di tutto riguardo in confronto a quello che aveva dai nativi: lo
costrinsero a cacciare e vedersela con ogni genere di bestia per poter
mangiare, ma di ciò che prendeva non mangiava quasi niente e quindi era
costretto a sfamarsi con tuberi, radici, funghi e frutti selvatici, gli
insegnarono il loro idioma a suon di bastonate, lo addestrarono alla lotta
picchiandolo e umiliandolo ogni giorno e guai a piangere, perché avrebbero
raddoppiato i maltrattamenti, gli insegnarono a tendere l’arco e usare il
coltello. Alla fine per sopravvivere imparò bene le lezioni e divenne così
abile e forte da spaventare gli stessi sioux che di conseguenza evitavano di
averselo vicino. Forse fu per quel motivo che lo vendettero ad una banda di
criminali capitanata da un certo Joe Morrison
e secondariamente da un brigante di nome Al
Dawson. Pensava di dover ricevere altre
“lezioni” da quei banditi, invece scoprì che quegli uomini erano attratti dalle
sue particolari abilità di indiano bianco, ed erano in parte simili a lui,:
alcuni erano stati abbandonati dalle famiglie, altri rovinati dai debiti, altri
erano solo bastardi. Il capo in particolare nutriva simpatia per lui, gli
insegnò la lingua materna che aveva in parte dimenticato, e ad usare le armi da
fuoco, dandogli un addestramento così raffinato da farlo diventare uno dei
migliori tiratori al suo servizio. Il suo battesimo del fuoco era stata la sua
prima rapina in una cittadina dove abitava uno sceriffo di nome Mark Sherman che aveva fama di essere un abile
pistolero, lo sconfisse a duello mentre i suoi compagni seminavano il terrore
e lo uccise rimediandoci però lo sfregio
sul volto. Stranamente rimase turbato da ciò che aveva appena fatto, ed ebbe
come un tremolo per una settimana, ma i suoi compagni lo acclamavano come un
eroe e ciò lo rendeva felice. Fu allora che divenne noto come lo Sfregiato presso i bianchi, mentre gli indiani lo
chiamavano Mangusta, lui invece si
ricordava ancora il suo nome di battesimo: Thomas
Dalton. Lo spregiudicato Joe Morrison si rese presto conto dell’
investimento che aveva fatto ad arruolare la Mangusta nella sua banda, egli
infatti sapeva riconoscere le tracce lasciate da qualunque uomo o animale e
sapeva coprire le sue, conosceva i metodi di caccia degli indiani incluso
quando cacciavano uomini e preveniva le loro mosse, aveva un’astuzia e una
forza straordinarie in aggiunta alla sua bravura da pistolero, conosceva le
erbe medicinali, i funghi e le radici, quindi era in grado di preparare
medicine e veleni efficacissimi. Presto la Mangusta divenne la guida della
banda e nessuno si muoveva senza un suo segnale, con lui la banda dei Lupi Neri divenne in grado di terrorizzare persino
le più feroci tribù indiane, lo sfregiato infatti non aveva paura di nulla e
nessuno, e ovunque passasse lasciava sempre una A incisa, A come anarchia,
l’unico valore nel quale aveva imparato a credere. Quando c’era da misurarsi in
combattimento era il primo, se la cavava sempre con le armi da fuoco ma
preferiva spesso disarmare i nemici con la frusta e affrontarli a mani nude. Li
“scarinava” sempre ma non li uccideva quasi mai, perchè c’era in lui il
desiderio di terrorizzare gli avversari, per imprimere in loro il ricordo di
se, perciò il più delle volte si limitava a menomarle gravemente. A ucciderle
con grande gioia era invece il capo che non lasciava mai sopravvivere un nemico
che lo incontrava, lui aveva notato che c’era qualcosa che non andava in Tom
nonostante la sua bravura e la cosa in un certo modo lo preoccupava. Ma finché
ci sarebbe stato lui a capo del gruppo Tom non avrebbe commesso sbagli. Ad
essere invece assai scontento di come andassero le cose era Dawson, perché da
quando la Mangusta aveva preso piede lui si sentiva messo in secondo piano, e
quindi provava rancore nei confronti di Tom. Un giorno i Lupi Neri si trovavano
nel Minnesota, Il capo ebbe l’idea di
dividere la banda in due gruppi, fissò un luogo per il ritrovo e partì con
alcuni uomini. Tom rimase insieme ad Al Dawson e altri tre compagni. arrivarono in una cittadina dove rapinarono
una banca e fecero un grosso bottino. A rendere innocuo lo sceriffo ci aveva
pensato Tom come al solito, arrivando fulmineamente su di lui senza che questi
se ne accorgesse, frastornandolo e legandolo. Per sua fortuna non venne ucciso
perché il capo non era con la banda quel giorno e Tom ebbe la libertà di
proibirlo. Dopo aver racimolato gioielli, denaro, cibarie, e altri generi i
banditi fuggirono, stavolta però avevano rapito anche 2 persone, due giovani e
avvenenti ragazze. Si chiamavano Rachel Hudson
e Grace Fraser, la prima era proprio la
figlia dello sceriffo, la seconda era figlia del farmacista. Quando Tom le vide
rimase allibito, e restò di sasso quando sentì cosa volevano fare loro i
compagni: (le avrebbero usate come svago quella notte, e poi le avrebbero
portate in Messico e vendute a dei protettori.)
Non avrebbero avuto nessuna possibilità di rivedere le loro case. Una specie di
brivido corse sulla schiena di Tom, Stranamente sentiva di non poter tollerare
quell’azione. Per tutto il giorno non fece che pensare al da farsi,
domandandosi anche “perché dovrebbe importarne qualcosa a una canaglia come
me”?, Poi verso il tramonto qualcosa di umano prevalse in lui e decise di farle
fuggire con uno stratagemma. Mentre i suoi compagni erano distratti Tom Allentò
le corde e passò nelle mani di Rachel un
coltello, sussurrandole di usarlo al momento giusto. I due si guardarono negli
occhi, Tom contemplò Rachel notando che era bellissima ”lunghi e ondulati
capelli neri con riflessi dorati, occhi blu, incarnato mediterraneo, labbra
grandi e rosse” Anche lei lo guardò negli occhi e vide una scintilla di
umanità, una dolcezza e compassione che mai avrebbe sospettato potessero
nascondersi in un bandito dalla fama tanto terribile, e per un attimo fu come
se si fosse sentita tra le braccia di un fratello, anche se sapeva bene chi
davvero era quell’uomo. Gettati nella boscaglia, e striscia come una serpe finché non avrai aggirato il valico delle
lacrime. C’è un sentiero che taglia a destra, corri a perdifiato perché vi uccideranno,
le disse con tono duro. Quello che Tom non sapeva era che Dawson lo stava
spiando e aveva capito tutto, egli cercava da tempo di eliminare la Mangusta e
aveva bisogno di un pretesto, adesso aveva deciso di addentare il boccone. Tom
incurante di questo allontanò gli altri compagni compreso Dawson “il quale
diceva di voler cercare funghi” e lasciò le ragazze in compagnia di un uomo che
sapeva essere un depravato . Di fatti quel porco una volta solo si slanciò
subito su Rachel, ma la ragazza essendo già libera lo pugnalò al ventre, liberò
la compagna e scappò di filato come Tom le aveva detto di fare. Dopo un’ora Tom
e gli altri ritornarono e videro la sentinella che rantolava ferita al suolo, e
Dawson con le 2 ragazze pestate e ancora prigioniere. Dawson disse: lo sapevo
Tom che volevi tradirci tutti. Tom si sentì gelare il sangue e sentì anche un
botto e un dolore lancinante al fianco destro e cadde al suolo. I compagni
erano stati avvertiti e uno di loro gli aveva sparato alle spalle. Dawson
proseguì: ma chi te l’ha fatto fare di inguaiarti per queste due, non sono tue
parenti! Non sapevi che da tempo non ti sopportavo più e volevo farti la pelle?
Tradendoci me ne hai fornito l’ occasione. Indi i compagni cominciarono a
pestarlo selvaggiamente, Dawson gli strappò la collana e dopo avergli detto che
aveva finito di rompere le scatole lo precipitò da un dirupo. Era la fine del
famoso sfregiato. Nell’ intento di fare una carineria al capo Dawson non
permise ai compagni di toccare le ragazze perché fosse lui a “collaudarle” per
primo, in compenso le pestò ancora. L’indomani la banda si ricongiunse nel
luogo prestabilito, vicino una meravigliosa cascata. Il capo notò subito
l’assenza di Tom e ne chiese spiegazioni, così Al gli raccontò tutto per fila e
per segno. Quando seppe cosa era successo il capo montò su tutte le furie,
bastonò Dawson e gli gridò: “Deficiente, come ti sei permesso di agire senza il
mio consenso, dovevi mandare qualcuno ad avvisarmi del suo sbaglio e ci avrei
pensato io! Quell’uomo poteva ancora tornarci utile ed in ogni caso devo
decidere io di voi! Hai eliminato uno dei miei migliori uomini per una tua
rivalità personale, augurati che sia davvero morto, sennò non avrà pace fin
quando non si sarà vendicato. Ora toccherà a te fare il suo lavoro voglio
vedere se ce la farai. Dopo la sfuriata il capo si accinse a sperimentare le
due ragazze, “ora meno attraenti per le percosse ricevute” quando
improvvisamente tanti spari risuonarono nell’aria, e alcuni colpirono i
banditi. Era lo sceriffo che Tom aveva risparmiato, insieme ad alcuni uomini
del villaggio, infuriati per la rapina, li aveva seguiti e aveva approfittato
della confusione per attaccare. A cavallo con lui c’era proprio Tom, ferito e
sanguinante, lo sceriffo lo aveva trovato in fin di vita e lui aveva accettato
di collaborare per vendicarsi. Subito i banditi risposero al fuoco ma il capo
fu colpito e cadde al suolo come morto, e insieme a lui molti altri, così fu
proprio Dawson a prendere in mano la situazione, rispondendo al fuoco e
tentando di scappare. Ma lo sceriffo non glielo permise e gli sparò alla coscia
impedendogli di muoversi. Nella rabbia Dawson puntò la pistola verso Rachel che
si trovava sull’orlo della cascata per ucciderla e sparò, ma il proiettile non
raggiunse la ragazza perché si fermò sul petto di Tom, che avendo visto quanto
succedeva si parò a sua protezione. Rachel osservò esterefatta Tom che cadde
proprio sul ciglio della cascata, ma
ebbe il tempo di afferrarlo per una mano. La forza della ragazza che oltretutto
era in pessime condizioni, non era sufficiente a trattenere quel peso, che
quindi stava per precipitare. Tieniti gli urlò disperata, e lo guardò di nuovo
negli occhi, stavolta limpidi e privi di qualsiasi malizia, ma offuscati dal
velo della morte. Perdonami, a nome di tutti, disse lui prima di precipitare
nelle acque. Dawson stava per sparare alla ragazza, ma un proiettile sparato
dallo sceriffo lo colpì al cranio e lo freddò. I banditi ancora in vita
scapparono tutti, compreso Morrison che si era finto morto per poter scappare.
Rachel tornò al suo villaggio insieme alla compagna e al padre, anche se le ci vollero mesi per riprendersi dal
terrore di quei giorni. Portava sempre un braccialetto di fattura indiana come
unico ricordo dell’uomo che le aveva salvato la vita, “le era rimasto in mano quando
lo sfregiato era caduto”. Era un bandito terribile e
temuto, ma nel profondo era molto umano, ed era toccato proprio a lei
scoprirlo.
Questo è un blog che ho voluto creare per svago e in esso voglio raccogliere le mie idee, le mie produzioni più considerevoli, le mie opinioni su fatti di cronaca e tutto il resto, dopotutto sono a casa mia. Tutti sono invitati a vedere e mi farebbe piacere se qualcuno vi trovasse qualcosa a lui utile.
martedì 4 giugno 2013
giovedì 23 maggio 2013
Music Compilation 2009 by D.J. Costino.
Music compilation 2009
By D.J. Costino
In esclusiva
da D.J. Costino per Millo ecco a voi una compilation delle canzoni più
amate nell’anno 2009. Se amate la musica
del passato e sapete come realizzare un audio cd utilizzate questa compilation,
non ne rimarrete delusi! La compilation può essere trascritta su cd o dvd da chiunque abbia le dovute competenze, ma il progetto originale resta una proprietà riservata di Millo.
Kerly Walkin on air
Pink Please don't leave me
J. Morrison/ Furtado Broken strings
Empire of the sun Walkin on a dream
Lily Allen Not Fair
The Killers Human
Bob Sinclair Lala Song
David Guetta When love takes over
Mika we Are Golden
Beyoncè Halo
Ne Yo Nobody
Madonna Celebration
Gotta feeling black eyed peas
Lady Gaga Bad Romance
Rihanna Russian Roulette
Shakira She Wolf
Noemi/ Fiorella L'amore si odia
mercoledì 16 gennaio 2013
La furia del titano- parte seconda
I cavalieri fatei rimasero ammirati dalle parole del re, riconoscendo in lui il degno rampollo della sua nobilissima dinastia, si strinsero a lui promettendogli protezione e cura e incoraggiandolo sulla vittoria; mentre il re, con le lacrime agli occhi serrò i ranghi e dispose il suo esercito per la battaglia dicendo a se stesso: Comunque vada a finire oggi, sorte o morte per il mio popolo, è certo che io morirò. Mia amata Glorinda, figlio mio, mia gente io non vi rivedrò più. L’esercito di Esmelia era pronto alla battaglia, Sedrenar era stato scelto per comandare le truppe, mentre Mircas era stato affiancato al re per proteggerlo. Al segnale di inzio Armares emise un terribile ruggito che fece entrare i soldati di Merovis in una specie di torpore, paralizzandoli, e così lanciò per primo la sua carica. Ma Sedrenar suonò il suo corno fantasma, accompagnato dalle trombe dei suoi generali, spezzando l’incantesimo del mostro e gridando: Non lasciatevi rimbecillire dai poteri di quel gatto malcresciuto, rispedite le sue orride bestie nell’abisso, attaccatelo senza guardarlo direttamente negli occhi e vincerete. Malgrado la carica devastante dei mostri e animali di Armares, la loro furia e famelica ferocia, l’esercito di Merovis interamente composto da professionisti non si fece scompaginare, e trattenne il nemico. Furioso Armares Gridò: Chi credete di essere figli dell’uomo? Siete polvere e morirete. Io vivrò in eterno e vedrò passare le ere. Voi non potete contrastarmi. Così dicendo sputò un fiume di fiamme contro la formazione rivale, bruciando alcuni soldati e causando un cedimento delle prime file con conseguente vantaggio delle sue truppe. Allora Sedrenar decise di usare la sua specialità: la deviazione spettrale, un potere che consentiva di respingere gli attacchi avversari, così respinse un secondo assalto infuocato di Armares lasciando illesi gli uomini di Esmelia, poi con un contingente di cavalieri si lanciò all’attacco e aiutato dalla sua telecinesi riuscì a travolgere i demoni e i karvezi che attaccavano. Lo stesso Merovis, sostenuto da Mircas si lanciò alla riscossa con i suoi cavalieri attaccando le bestie selvagge e i feroci travestiti dell’esercito nemico, riuscendo a farli indietreggiare ma uno dei più terribili generali Karvezi, di nome Sylgar si parò contro di lui e lo attaccò dicendogli: Non penserai davvero di essere così forte da vincere noi Karvezi, che sin dalla più tenera età siamo abituati a batterci per sopravvivere. Vieni, vediamo quanto vale il re di Esmelia. Sylgar disarcionò Merovis e uccise il suo fidato destriero provocando nel re un pianto addolorato, poi lo attaccò direttamente, lo mise in difficoltà e lo sconfisse. Mettendo la sua spada al collo di Merovis e sputandogli in faccia disse: Ho sempre desiderato uccidere un re, io stesso darò il tuo bastardo e quella puttana di tua moglie in pasto ad Armares, estinguendo così la tua lurida stirpe. Addio re dei deficienti esmeliti. Ma prima che potesse calare il colpo di grazia venne travolto e fatto volare via dallo splendente unicorno fantasma di Mircas. Lo stregone guerriero scendendo a piedi si rivolse al nemico dicendo: Vieni infame schiavo di un mostro, ti mostrerò che il re ha dei validi difensori che lo proteggeranno ad ogni costo. Non ho bisogno dei miei poteri per fronteggiarti, ti combatterò da uomo. Così dicendo prese da terra una spada e si avventò contro Sylgar e ingaggiando un terribile duello, dopo aver preso calci, pugni, sputi e oltraggi, riuscì a vincerlo atterrandolo. Il cavaliere fateo disse: Vorrei poterti risparmiare Sylgar, non sporcarmi le mani con te, ma vedi una necessità più grande delle mie preferenze mi costringe a distruggerti, così lo decapitò, pur disgustato da ciò che faceva. Il re di Esmelia rialzandosi a fatica, ancora in lacrime per l'oltraggio patito esclamò: Ah fossi tu, Mircas, nato re al posto mio! Il regno sarebbe in mani migliori. Mircas lo sgridò: Non dite così, io credo in voi e so che troverete la forza regale propria dei vostri antenati per proteggere il vostro regno. Noi cavalieri fatei abbiamo giurato di difendere gli indifesi, siamo sacrificabili in ragione della nostra missione, voi invece e sopratutto il vostro popolo non lo siete. Il regno di Esmelia deve resistere. Mentre il cavaliere fateo finiva di parlare, gli animali al seguito di Armares diedero una nuova devastante carica, riuscendo a travolgere e distruggere un battaglione di cavalieri e arrivando fin dove si trovava il re. Mircas prese Merovis sul suo splendente Unicorno fantasma e inziò a correre via per metterlo al sicuro. Frattanto Armares si sforzava di distruggere l'esercito di Esmelia, squartando tutti i cavalieri che lo aggredivano. Chiunque lo guardava negli occhi perdeva il senno per il potere malefico che da lui promanava: Alfine, stanco degli umani, tentò un attaccò terribile per sbarazzarsi dei nemico, concentrò il suo soffio ardente in una sfera di energia, una Bomba diabolica di immane potenza che lanciò contro i suoi oppositori. In preda al terrore Sedrenar concentrò al massimo la sua deviazione telecinetica, e con gran sforzo riuscì a respingere la sfera, facendola deflagrare in aria con uno spaventoso turbinio di fuoco che terrorizzò entrambe le fazioni. Armares rimase notevolmente contrariato di ciò, pensando che doveva escogitare un modo per sbarazzarsi di uno scocciatore come Sedrenar, finchè il suo occhio malvagio inquadrò Mircas che teneva al sicuro Merovis. Fu allora che pensò: Caro il mio reuccio tu non mi sfuggirai! Forse posso prendere due piccioni con una fava e quindi vincere questo scontro. Indi gridò a Sedrenar: Guarda bene laggiù cavaliere, il tuo collega tiene al riparo un ritardato che si spaccia re, ma non per molto. Poi con la sua coda prese bene la mira e lanciò un fulmine che colpì in pieno Mircas, distruggendo il suo unicorno fantasma e facendolo volare in aria, insieme al re, di vari metri. Sedrenar si mise le mani nei capelli, pensando che poteva essere accaduto l'rreparabile, ma il fiero nemico approfittò di questa sua distrazione per travolgerlo con una zampata e metterlo così fuori causa. Poi Armares gridò: Adesso uomini conoscerete il potere dei titani, indi si mise a girare vorticosamente su se stesso sputando fuoco e formando così un uragano infuocato che usò per incenerire una intera guarnigione. Gli uomini fuggirono terrorizzati e le truppe di Armares ne approfittarono per inseguirli, accerchiarli e massacrarli senza pietà. Il re Merovis, rimasto illeso, si rialzò e pensò di mettersi al riparo, ma quando il suo sguardo si posò su Mircas esanime e ferito, ripensò alle parole del cavaliere: Io nutro fiducia in voi, so che troverete la forza di proteggere il vostro popolo. Non sentendosi di abbandonare quel paladino al suo destino, il re lo prese in spalla e cominciò a trascinarlo, tentando di metterlo in salvo. Subito però numerosi mostri lo accerchiarono impedendogli di fuggire. Il re tentò di combatterli, ma le demoniache creature lo sopraffecero e lo pestarono tutte insieme, ma prima che potessero sbranarlo furono trafitte da una raffica di lance fantasma. Sedrenar si era ripreso ed era giunto in difesa del re. Merovis non ebbe però il tempo gioire, perchè si trovò davanti Armares in persona che lo stordì con il suo sguardo penetrante. Il perfido mostro disse: Allora grande re, non hai voluto sottometterti di tua volontà, ti sottometterò io adesso con il mio potere; ti farò diventare un demone e ti farò uccidere la tua stessa famiglia, ma ti lascerò un barlume di coscienza per farti soffrire. Ti assicuro che avrò cura di farti diventare lo schifo della vita. La frase di Armares fu interrotta da un ordine imperioso di Sedrenar, che brandiva contro il titano una specie di balestra di luce iridescente: Fermati infame creatura! Guarda le mie mani, non riconosci quest'incantesimo? E' l'arco delle sette luci, l'arma che ha annientato tuo padre Zernames. Osa fare qualcosa al mio re e la userò su di te uccidendoti. Anzi, prendi la tua armata e vattene di qui, non c'è nulla per te ad Esmelia.
Il demone, per nulla intimorito rispose: Citando la sorte di mio padre non fai che incentivare il mio furore. Forza cavaliere dei miei stivali, usa quell'arma, non la temo. Sedrenar non si fece ripetere l'ordine e lanciò l'arco delle sette luci contro Armares, ma questi, circondandosi di un'aura luminosa e incrociando l'ascia e la spada a mò di scudo gridò: Urlo del titano! E così respinse l'arco delle sette luci restando illeso. Sedrenar rimase attonito e cadendo in ginocchio esclamò: Come è possibile? Come hai fatto brutto mostro a salvarti? Non ci posso credere!
Armares gli rispose: Davvero pensavi che un titano potesse essere sconfitto dai vostri giochetti? L'unico errore di mio padre è stato lasciarsi distrarre da un giocoliere senza aver lasciato morto abbastanza il suo compagno. Siccome questo non è il mio caso il tuo giochino non ha avuto effetto. Avete fatto male a persuadere il re ad opporsi a me, vedi adesso coi tuoi occhi ciò che succede. Allora grande re, dove eravamo rimasti? Ah si, sto per trasformarti nello schifo della vita. Rassegnati a subire la tua sorte. In quel momento Merovis ripensò al suo regno, alle mansioni cui era stato preparato sin da bambino, alla sua famiglia, al suo popolo. Doveva veramente finire tutto in quel modo? Era quello il destino? Forse si, ma lui non poteva accettarlo, non voleva accettarlo. Decise di opporsi a tutti i costi, quindi presa una fionda e dei sassi disse: Adesso Armares ti dimostrerò quanto è grande il potere di un solo uomo, così dicendo colpì il mostro nei malefici occhi, causandogli una cecità temporanea, quindi prese la sua spada, e lesto come una mangusta, prima gli tagliò l'alluce del piede sinistro, poi scivolando tra le sue gambe gli mozzò l'estremità della coda. Armares urlò contorcendosi dal dolore, provocando un gran terrore nei suoi mostri e seguaci. Fu allora che Merovis incitò i suoi soldati gridando: Uomini, liberi siete nati e tali dovete morire. Queste creature hanno tutte un punto debole e non sono affatto immortali, combattete! Con slancio i cavalieri di Esmelia si lanciarono sui nemici, rispondendo all'ordine del re e reagendo all'accerchiamento. Sedrenar si rialzò commosso e risvegliò Mircas dicendogli: Vedi amico, il re ha trovato se stesso, sta contrastando Armares riuscendo dove io ho fallito.
Ma Armares ripresosi dall'accecamento gridò: Te la farò pagare pupazzo di carta stagnola, ora vedrai che ti farò!
Sedrenar però gli gridò: Prima di fare qualcosa al re devi vedertela con me. Adesso so che vale la pena combattere per il bene degli uomini perchè il re che sono stato inviato ad aiutare ha finalmente trovato la forza di comportarsi degnamente. Adesso ho la forza di combatterti e rispedirti da dove sei venuto.
Armares furioso gridò: Sarò io a spazzarvi via, tutti quanti siete. Vi pentirete di avermi contrastato! E più potente che mai preparò il suo urlo del titano. Sedrenar, dal canto suo, reagì subito preaparando l'arco delle sette luci. I due lanciarono contemporaneamente i loro incantesimi più forti, ma stavolta, dopo un duro scontro, Sedrenar riuscì a prevalere, spezzando l'ascia e la spada di Armares e facendolo volare per aria. Merovis e Mircas rimasero esterefatti dalla terribile potenza del cavaliere fateo, il quale poi disse: Armares, hai perso, adesso prendi la tua armata e lascia stare Esmelia.
domenica 13 gennaio 2013
La furia del Titano- prima parte
Storie di riferimento:
La tremenda profezia
venerdì 2 novembre 2012
IL CIELO DI MARTE
Ecco un articolo che ho trovato parecchio interessante
Alcune immagini Nasa mostrano un cielo rosaceo/marronato ed un tramonto blu, tuttavia altre suggeriscono che i colori possano essere più vicini a quelli del nostro pianeta. Questo articolo offre spiegazioni piuttosto plausibili.
https://aliveuniverse.today/rubriche/approfondimenti/2459-di-che-colore-e-il-cielo-di-marte-e-della-terra
sabato 13 ottobre 2012
GIORNI DI PIOGGIA
Oggi, come ieri, è stato un giorno di pioggia, Questo è un mio pensiero a riguardo.
Le nostre lacrime sono dolore per tradimenti, separazioni, sconfitte,
che spaccano il nostro cuore.
Le lacrime del cielo sono la vita che riveste la terra di splendore
e negli uomini fan risorgere l'ardore.
Alcune volte con furia vengono versate, causano devastazione
e agli uomini portano disastri e disperazione,
ma non dobbiamo dimenticare che senza esse nulla potrebbe germogliare
e la terra il pane non ci potrebbe donare.
giovedì 11 ottobre 2012
Anche gli scenziati vanno in paradiso
Il Paradiso esiste e io ci sono stato: un neurochirurgo di Harvard che finora aveva negato l'esistenza dell'aldilà ha riconsiderato la possibilità di una vita dopo la morte dopo sette giorni passati in coma profondo. «Nuvole bianco rosa contro un cielo azzurro, creature scintillanti che lasciavano dietro di sè scie luminose: uccelli? angeli?» avrebbero accolto nell'altro mondo Eben Alexander III, lo scienziato, che ne ha raccontato in un libro, «Proof of Heaven» (Prova del paradiso) in uscita il 23 ottobre negli Usa e di cui estratti sono stati anticipati dal settimanale Newsweek.
«Erano forme molto avanzate, forme più alte di tutto quello che conosco sulla terra», ha scritto il neurochirurgo raccontando di un canto «che veniva da sopra» e «mi chiedevo se fossero le creature alate a produrlo». Era «palpabile, quasi materiale, come una pioggia che senti sulla pelle ma che non ti bagna». Arriva una giovane donna «dalle trecce bionde e gli occhi blu» circondata da «milioni di farfalle» come «un fiume di vita che si muoveva per l'aria».
La donna parla allo scienziato: «Sei amato e apprezzato, per sempre. Non hai nulla da temere. Non c'è nulla in cui puoi sbagliare». Alexander sostiene che durante il coma, provocato da una rarissima forma di meningite batterica, la parte del suo cervello che controlla le emozioni si era «spenta» e gli aveva permesso di provare «qualcosa di così profondo che mi ha dato una ragione scientifica per credere in una forma di coscienza dopo la morte».
Pur considerandosi cristiano, Alexander non aveva mai preso sul serio i racconti di esperienze «vicine alla morte» di altri malati usciti dal coma. «Da scienziato non ci avevo mai creduto». Diverso è stato quando queste esperienze gli sono capitate in prima persona: «Capisco che possa essere incredibile. Se qualcuno, ai vecchi tempi me l'avesse raccontato, se anche fosse stato un medico, gli avrei dato del matto». Per Alexander tuttavia le visioni nei giorni del coma sono state assolutamente reali: «Concrete come qualsiasi altri evento della mia vita, come il mio matrimonio o la nascita dei miei due figli».
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